Dolcezza Made in Italy: 50 anni di strategie vincenti della crema da spalmare più famosa al mondo. Una mattina del 1964 arrivò sulla tavola degli italiani. Erano gli anni del boom: Nutella inventò una nuova categoria merceologica, conquistò il Bel Paese e poi il mondo. Oggi ha cinquant’anni ma non li dimostra: le vendite continuano a crescere ed è oggetto di studio anche da parte dell’OCSE, come esempio di globalizzazione virtuosa. Dal fondatore Pietro Ferrero al figlio Michele e al nipote Giovanni – l’attuale CEO intervistato nel libro –, l’azienda di famiglia che la produce, emblema del capitalismo italiano, ha continuato a mietere successi grazie all’innovazione dei prodotti e alla scelta di mantenere solide radici nel territorio in cui è nata, le Langhe, tra le colline di noccioli. Entrata ormai nel mito, Nutella rappresenta oggi il paradigma di questo approccio e il libro ne svela la storia e, per la prima volta, le strategie di produzione, di marketing e di comunicazione, l’attento posizionamento e la tutela del brand. Una lezione di Made in Italy che ancora dura e a cui ispirarsi.
Dall’introduzione di “Mondo Nutella”: l’incipit del libro
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Era un’altra Italia. Erano gli anni della grande illusione per un futuro sempre più radioso, che ora hanno lasciato il posto alla nostalgia della grande bellezza perduta. C’era un passato triste e difficile alle spalle, ma si pensava al domani con ottimismo e voglia di intraprendere. Gigliola Cinquetti sussurrava Non ho l’età, ma di quel 1964 è rimasta alla storia la voce potente di Shirley Bassey della colonna sonora di Goldfinger. Memorabile la finale Inter-Real Madrid, vinta 3 a 1 al Prater di Vienna, con due goal di Sandrino Mazzola, mentre i funerali di Palmiro Togliatti furono presto dimenticati. A cena si mangiava la minestrina, dopo Carosello i bambini andavano a dormire, mentre i genitori seguivano, appassionati, la Cittadella di Cronin con Alberto Lupo. Gli adolescenti ascoltavano le prime canzoni di Beatles e Rolling Stones.
In una mattina di maggio, nelle case degli italiani arrivò lei. Un bicchiere esagonale con la fetta di pane sull’etichetta e all’interno una crema da spalmare alla nocciola. D’estate si andava a Rimini con la Fiat Seicento, stracarica di valigie e giocattoli. Poi in tv arrivò Jo Condor.Oggi il barattolo di Nutella è entrato nel mito. Cinquant’anni? Non par vero. Eppure, almeno tre generazioni sono venute su a pane e Nutella: quella dei baby-boomers; la Generazione X, i Millennials. E adesso tocca alla Generazione Z: qualcuno l’ha definita quella dei “post”, perché si raccontano in un post su Facebook o lo faranno sul prossimo social di moda. Cinquant’anni? Ma certo. Come Russel Crowe e Juliette Binoche, come Nicolas Cage e Sandra Bullock, come Matt Dillon e Sabrina Ferilli, Francesca Neri, Isabella Ferrari. Le tre belle italiane hanno dichiarato, in un endorsement spontaneo, di amare la crema inventata da Michele Ferrero. Un genio, al quale si dovrebbe assegnare il Nobel, ha scritto Fabio Fazio quando non era ancora famoso. Monsù Michele è un italiano vero, al quale devono andare i nostri applausi a scena aperta, ha detto Fiorello in un suo spettacolo.
Cinquant’anni? Non li dimostra. Dieci anni fa era – come dichiarò di se stesso Nanni Moretti – una “splendida quarantenne”. Si può dire oggi che sia una splendida cinquantenne? Sì, si può dire. In realtà, Nutella non ha un’età, né una sola nazionalità, perché è prodotta in undici stabilimenti in tutto il mondo, con maestranze di 97 nazioni ed è venduta in oltre cento Paesi. Quanti? Nessuno lo sa esattamente, forse neppure in Ferrero. Ormai Nutella è una merce di culto, lo sappiamo, ma è anche qualcosa di più: un simbolo del Made in Italy che ha avuto successo nel mondo. È un mondo, al quale tutti apparteniamo, perché la grande spalmata ci ha avvolto con la sua morbida golosità. […]