Secondo lo scrittore americano Ernest Hemingway «Non c’è nessun amico più leale di un libro». Perciò per Natale vi consigliamo di regalarne uno, andando in libreria o usando le piattaforme digitali. Secondo Joseph Conrad, soltanto i libri che “trattano di cucina, sono da un punto di vista morale, al di sopra di ogni sospetto… il loro scopo è unico e inequivocabile. Non hanno scopo diverso da quello di accrescere la felicità del genere umano”. Ecco perché vi ricordiamo due nostri libri, per un dono all’ultimo minuto, che possono offrire un momento di gioia, attraverso due superfood che fanno bene e vi miglioreranno l’umore: il cioccolato e la nocciola.
Eccoli: L’ingrediente della felicità (Centauria, 13.90 €, https://www.amazon.it/Lingrediente-della-felicit%C3%A0-Clara-Padovani/dp/8869212289/ e Enciclopedia della nocciola (Mondadori, 19.90 € https://nocciolaitalianashop.it/enciclopedia-della-nocciola/ ) scritto con Irma Brizi.
Inoltre vi consigliamo quattro titoli usciti nel 2021: uno è un volume al quale ho collaborato come componente del Centro Studi Nazionale dell’Accademia Italiana della Cucina, mentre gli altri tre sono di amici torinesi: gli autori sono gli chef Matteo Baronetto (ristorante Del Cambio), Luca Barbiero (consulente e docente di cucina), Rudy Marangon (Maestro del Gusto panificatore) e la giornalista Sarah Scaparone.
Storia della cucina italiana a fumetti
[Accademia Italiana della Cucina, 14,00 €]
Tremila anni di storia condensati in duecento pagine: un’impresa davvero difficile, fortemente voluta dal presidente dell’Accademia Italiana della Cucina, Paolo Petroni. Con grande accuratezza – vi hanno contribuito gli Accademici Elisabetta Cocito, Gigi Padovani, Morello Pecchioli, Giancarlo Saran, Aldo E. Tammaro e Roberto Zottar – questa Storia della cucina italiana a fumetti ricostruisce in modo didascalico il lungo viaggio storico della nostra cucina, attraverso i disegni di Federico Pietrobon e i testi dello storyboard di Marco Madoglio. Si parte dagli Etruschi, che già cucinavano la pasta, per passare agli antichi Romani, alle influenze arabe in Sicilia, al medioevo e ai sontuosi banchetti rinascimentali. Scrive Petroni nell’introduzione: «Ma è soprattutto con i cibi venuti dalle Americhe, dopo il Cinquecento, che varia radicalmente il nostro modo di mangiare. L’arrivo dei pomodori, dei fagioli, delle patate, del mais, della cioccolata e di molti altri ingredienti cambia totalmente il volto della nostra cucina».
Il capitolo dedicato alla “Cucina borghese e la nascita dei ristoranti” è ambientato a Torino, nel 1841, con una cena al ristorante Del Cambio. Si citano dei piatti amati da Camillo Benso Conte di Cavour: gli agnolotti al sugo d’arrosto, la finanziera, le uova al pomodoro cucinati con i pelati di Cirio. E poi il bicerin, i gianduiotti, fino ai piatti della tradizione contadina: un racconto sceneggiato, tra citazioni e curiosità. E’ un’opera piacevole e ricca di suggestioni, che andrebbe inserita nelle scuole come libro di testo: è adatto per ragazze e ragazzi dagli 8-9 anni in su, ma è una piacevole lettura da per tutti gli amanti delle graphic novel.
Con una chicca finale che ci fa molto piacere: si chiude con il tiramisù, che nasce a Tolmezzo (Friuli) e diventa famoso a Treviso (Veneto), come abbiamo scoperto con il nostro libro Tiramisù pubblicato da Giunti.
Cucina piemontese contemporanea
Matteo Baronetto – prefazione di Fulvio Pierangelini – Fotografie di Davide Dutto
[Edt, 190 pagine, 25 €]
Il punto vero è: che cosa significa “cucina contemporanea”? Secondo Matteo Baronetto, talentuoso chef che dal 2014 ha risollevato le sorti del più antico e più bel ristorante torinese, ovvero Del Cambio, è semplicemente una questione di linguaggio: lo chef spiega che nelle sue ricette si spiegano meglio sia gli ingredienti sia la preparazione dei piatti, rispetto ai libri classici della tradizione subalpina. Ovvero possiamo ricordare il Trattato di cucina, Pasticceria moderna, Credenza e relativa Confettureria (1854) e Cucina Borghese semplice ed economica (1864), pubblicati da Giovanni Vialardi (1804-1872), già cuoco di Casa Savoia, e La cucina sana, economica ed elegante secondo le stagioni (1846), scritto da François Chapusot (1799- ?), un francese approdato a Torino come capocuoco dell’ambasciatore inglese Ralph D’Abercromby. Ma oggi si ritrova certamente un “alleggerimento”, rispetto alle dosi e alle materie prime ottocentesche.
Ma Baronetto, pur essendo cresciuto al fianco di Carlo Cracco nei suoi ristoranti (prima a Piobesi d’Alba e poi a Milano), si accosta a quello che definisce nell’introduzione un “patrimonio inestimabile della cultura italiana” con il dovuto rispetto, evitando digressioni creative. E dunque i piatti (sono 49) come l’insalata russa, le uova alla Bella Rosin, gli agnolotti o la finanziera vengono spiegati con le possibili tecniche “contemporanee”, ma sono anche lo spunto per ritornare al testo di Vialardi – al quale, sostiene Matteo Baronetto Torino dovrebbe dedicare una via – e per raccontare aneddoti, curiosità, ricordi.
Scrive nella prefazione Fulvio Pierangelini, un grande della cucina italiana – indimenticabili i suoi piatti degli Anni Ottanta al Gambero Rosso di San Vincenzo, come la passatina di ceci con i gamberi – che in quel ricettario «c’è l’affetto: si cucina principalmente per la famiglia, spesso si dovevano far fruttare i pochi ingredienti a disposizione».
Volendo riassumere, si tratta di un libro per chi cerca il comfort food, spiegato con intelligenza e arguzia. Le belle fotografie di Davide Dutto, e la grafica dell’impaginazione ne fanno un regalo perfetto, non solo per sabaudi, ma tutti i gourmet curiosi.
Progetto sandwich
Luca Barbiero con Rudy Marangon [Excalibur, 256 pagine, 35 €]
Fu Jonh Montagu, IV Conte di Sandwich (1718-1792), a “inventare” il panino che porta il suo nome; o almeno così si tramanda dalle parti di Eton e Cambridge, dove il nobile studiò. Si narra infatti che amasse cibarsi di quelle fette di pane farcite seduto alla sua scrivania di lavoro, per non dover interrompere le sue attività di diplomatico per Sua Maestà. La versione italiana risale al 1925, quando il Caffè Mulassano di Torino incominciò a servire due fette di pancarrè triangolari con squisite farciture, e Gabriele D’Annunzio lo battezzò “tramezzino”. A questo capolavoro dell’arte di mangiare veloci ma in modo gustoso, ha dedicato il suo primo libro uno chef torinese, Luca Barbiero, coadiuvato da un Maestro del Gusto panificatore, Rudy Marangon, e l’ha intitolato Progetto sandwich, con una definizione sicuramente ambiziosa.
Ma in effetti di progetto si tratta, perché ci troverete – con gustose e “veritiere” fotografie scattate ai fornelli o sui barbecue – 58 ricette provenienti da tutto il mondo, accompagnate da una colonna sonora definita dall’autore “music for my soul”, con degli abbinamenti a brani rock, punk e di cantautori. È stupefacente la quantità di proposte da tutto il mondo che il libro offre (dal toast hawaiano alla torta messicana, al classico croque monsieur fino ai tacos coreani): una carrellata sul mondo dei panini, con molte idee per il BBQ di qualità, del quale Barbiero è specialista.
C’è anche una ricetta che noi abbiamo pubblicato nel nostro fortunato libro sullo Street food all’italiana (Giunti), lo “Stout and mustard quadriburger”, e troverete le tecniche di cottura con il fuoco, dal grilling all’affumicatura al rub (mix di spezie strofinato sulla carne). Scrive Barbiero: «Il panino accomuna chiunque, è un cibo facile da mangiare e da comprendere, che ricorda l’infanzia».
Ed è vero, ma per fare un buon sandwich serve del buon pane: perciò Rudy Marangon arriva in aiuto con una decina di preparazioni, dalla baguette al pane bianco al bun (il pane americano per accogliere hot dog e hamburger) alla pita e all’”hokkaido milk bread” (pan brioche giapponese). Del resto Marangon nasce come cuoco nel ristorante Cubico di Torino, dove era responsabile della linea dei grissini e del pane, per poi innamorarsi dei segreti del lievito madre (insegnatigli dal maestro valdostano Rolando Morandin), e infine aprire la panetteria-pasticceria Agribiscotto di Pianezza (To), che gli ha fatto ottenere il riconoscimento di Maestro del Gusto di Slow Food e Camera di Commercio. Ecco un libro con tante informazioni e curiosità, comprese alcune ricette dell’editore – specializzato in BBQ – l’americano trapiantato ad Ivrea Bob Schwarz, utilissimo in primavera ed estate per pic nic golosi.
Luoghi segreti da visitare a Torino e dintorni
Sarah Scaparone [Newton Compton, 320 pagine, 12 €]
Ci sono il cioccolato, il vermouth e i grissini, ovviamente. Ma pure la “pizza al padellino”, tipicamente torinese. Non è un libro di cucina, questa curiosa guida scritta dalla giornalista di viaggi (e gastronomica, perché collabora alle pagine di Gusto del gruppo GEDI), ma la formazione gourmet dell’autrice si avverte, perché alle specialità subalpine più famose riesce ad abbinare vie, palazzi, perfino monumenti al cimitero monumentale che li possano ricordare. C’è tanto amore per questa città, nelle brillanti pagine di Sarah Scaparone. E del resto lo ricorda con questo passaggio che farà piacere a chi vive all’ombra della Mole: «Torino vanta tanti primati: è stata la prima capitale d’Italia (tra il 1861 e il 1865); possiede la piazza porticata più grande d’Europa (piazza Vittorio) e anche il più grande mercato all’aperto d’Europa (Porta Palazzo); ha la più grande porta romana del mondo (Porta Palatina); è la città italiana con il maggior numero di Santi Sociali; nel 1896 ospitò la prima proiezione cinematografica d’Italia; possiede il più importante Museo Egizio al mondo al di fuori dell’Egitto».
Non è però una guida soltanto per i turisti italiani che scelgano il capoluogo sabaudo come loro meta, ma sicuramente suscita l’interesse di chi vi abita, magari da anni, ma ne ignora tanti luoghi “segreti”, a cominciare dalle leggende della magia bianca e della magia nera. E per fortuna c’è anche molta storia, in questo libro, con i personaggi che hanno dato lustro a Torino, da Gaudenzio Ferrari a Pietro Piffetti, fino a Edmondo De Amicis, Emilio Salgari, Riccardo Gualino, Gustavo Rol, Carol Rama e Fred Buscaglione. Mi ritrovo nella descrizione che ne fa l’autrice: «Torino è una città caparbia, tenace e risoluta. «È una città che ha imparato a conoscersi dopo le Olimpiadi invernali del 2006, riscoprendosi bella anche agli occhi dei suoi abitanti. Del resto vive da sempre di dualità e di opposti: fa parte del suo Dna. Riservata ma regale, nobile ma operaia, elegante ma popolare, artistica ma industriale, Torino sogna il mare, convive con i suoi fiumi e guarda le montagne che la circondano e proteggono da sempre».
Per chi scelga una gita fuoriporta, ecco infine alcune proposte anche per torinesi:
– Entro venti chilometri
• città della scrittura: Bic e Aurora • la fabbrica delle caramelle di zucchero dal 1857 • il Museo del Grande Torino e della Leggenda granata • Infini.to, il planetario di Torino • l’Ecomuseo Cruto
– Tra venti e quaranta chilometri
• Villa Meleto, la casa di Guido Gozzano, ad Agliè • Chivasso e i Nocciolini • Caluso e i vini della provincia di Torino • Rivara e l’arte • la Villa romana di Almese
– Oltre quaranta chilometri
• il Forte Bramafam • la piana di Usseglio • Vrù, il borgo dei presepi • Roure, il paese dei murales • Chiaverano, il borgo del buon vivere