di Gigi Padovani
Il Novecento è finito con la morte di Gorbaciov e di Elisabetta II. Invece la rivoluzione del gusto nata a Bra una quarantina di anni fa non è ancora finita, ma sta vivendo una nuova era, a partire dal 21 settembre 2022: il Braidese (Carlin) e l’Albese (Oscar) hanno lasciato ad altri le loro creature.
Andiamo con ordine. Con l’apertura della quattordicesima edizione di Terra Madre Salone del Gusto a Torino, in una nuova e bella sistemazione in periferia, si apre una fase diversa nel mondo del food. Infatti per la prima volta il fondatore Carlo Petrini non è più alla guida del movimento della chiocciola, nato nel 1986, avendone lasciato la presidenza a un giovane agronomo ugandese, Edie Mukiibi. E proprio alla vigilia dell’inaugurazione, mentre ancora al Parco Dora si stanno montando i palchi, è arrivata una notizia- bomba per il mondo della gastronomia: Oscar Farinetti, il fondatore di Eataly nel 2007, ha ceduto il suo pacchetto di maggioranza dei 44 store in 15 Paesi a un fondo americano, Investindustrial di Andrea Bonomi.
Oscar e Carlin sono amici da sempre, e sono anche amici miei. Con Carlo ho scritto due libri sulla storia della sua idea (a proposito, è disponibile ancora il secondo, Slow Food. Storia di un’utopia possibile, che si apre proprio con l’incontro tra Edie e Terra Madre, nel 2006) e con Oscar i cinque anni del liceo Classico Govone di Alba.
Tra Alba e Bra, tra storiche mangiate nelle trattorie di Langa ed epiche bevute al Castello di Barolo – tra gli altri c’erano Citrico, ovvero Beppe Rinaldi, e Bartolo Mascarello, due produttori nostri amici purtroppo scomparsi – è nata la “rivoluzione del gusto”. Eravamo tutti sessantottini, tutti impegnati politicamente, amanti delle buone letture e dalle buone bottiglie. Alla fine per loro due prevalse la voglia di cambiare il mondo del cibo. Prima Carlo, con il suo movimento nato proprio nelle Cantine Fontanafredda che ora sono della famiglia Farinetti, e poi Oscar, che dopo aver venduto Unieuro nel 2002 si fece guidare dall’amico Petrini per far partire il suo nuovo business.
Oscar Farinetti nel libro già citato (pag. 304) mi raccontò che Carlin gli chiese di battezzare la sua creatura “Vatel” (famoso cuoco francese del XVII secolo ai servizi del Principe di Condè) e l’Albese rispose: “Allora perché non chiami Cibo Lento la tua associazione, invece di Slow Food?”. Ho seguito da giornalista – ebbi la fortuna di essere assunto da La Stampa nel 1985 – tutta la “carriera” dell’Albese e del Braidese, amici che si sono sempre sostenuti a vicenda, il Braidese con le idee, l’Albese con i soldi. Sono cresciuti, hanno conquistato il mondo facendo affari con i salami e i formaggi (l’Albese) e trasformando una combriccola di gaudenti d’osteria in un movimento politico di taglio ambientalista (il Braidese).
Perciò oggi, nel giorno in cui sta per iniziare la quattordicesima edizione del Salone del Gusto (alla prima io c’ero, al Lingotto; si tenne grazie all’intuizione di un ex dirigente di Publitalia, Enzo Ghigo: da presidente della Regione, capì le potenzialità di quella associazione sinistrorsa che gli presentò il progetto), andando a visitare gli 80 mila metri quadri dell’area che apre da domani 22 settembre fino a lunedì 26 , mi sono venute in mente le vite parallele dei due pioneri del cibo “Buono pulito e giusto”: hanno dato tanto in questi anni, all’Italia e al mondo. Sono stati criticati, l’uno perché utopista (il Braidese), l’altro perché affarista (l’Albese, e meno male, business is business), ma hanno davvero rivoluzionato il nostro approccio con l’alimentazione di qualità.
Ora escono di scena, all’apice del successo: forse hanno fatto bene. Eataly ha bisogno di liquidità, certamente la pandemia ha colpito duro nei ristoranti, e i 200 milioni di aumento di capitale serviranno a un rilancio in grande stile. Nel frattempo le idee di Slow Food non sono più una novità, sono un bene comune. Ma al Parco Dora i 600 espositori (con 150 Presìdi, altra grande intuizione del Braidese), i tremila attivisti, contadini, allevatori, pescatori, artigiani di Terra Madre, i docenti, i Cuochi, i docenti, sapranno rendere concreto, con il consueto entusiasmo, lo slogan di quest’anno: #RegerAction.
Andate al Parco Dora di Torino, per vedere, ascoltare, mangiare, degustare, imparare: l’Onu del Cibo (come l’abbiamo chiamato noi giornalisti privi di fantasia) è tornata. Attenti ai parcheggi e alla pioggia , ma sarà sicuramente un successo.
Quanto a Eataly, continuerà il suo sviluppo all’estero, credo soprattutto negli Stati Uniti, dove va assai bene (un altro ricordo personale: fui il primo giornalista italiano, con un video sul sito de La Stampa, a mostrare il primo store nel Flatiron District di Manhattan intervistando l’Albese con un casco giallo in testa nel cantiere). Uno dei tre figli di Oscar, Nicola Farinetti, rimarrà nell’azienda di famiglia come presidente. Forse Oscar si occuperà, con l’altro figlio Francesco, del “Pisello Verde” (lo store ecologico Green Pea sorto al Lingotto e aperto in un momento davvero sfigato, in piena pandemia, e forse più adatto alla fighettitudine dei milanesi che alla sobrietà subalpina) e delle aziende vinicole, con il più piccolo, Andrea.
Non vedo l’Albese e il Braidese su una panchina a fare i pensionati. Neppure io ci andrò, ma continuerò a raccontarli con lo stesso entusiasmo di quarant’anni fa.
Ma da oggi, 21 settembre 2022, sarà tutto diverso.
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