di Gigi Padovani
Nell’Italia del 2050, in un non meglio precisato reparto maternità di un ospedale, viene alla luce Adamo, un bel bimbo sano che fa la felicità dei giovani genitori. Il bebè cresce, gioca in una casa accogliente, con la sua cameretta tipica dei filmati della pubblicità. Papà e mamma però sono angosciati: «Purtroppo Adamo è l’ultimo bambino nato in Italia, non ha compagni con i quali giocare all’asilo, non ha feste di compleanno da celebrare con gli amici , crescerà solo…: siamo preoccupati». Poi nel cortometraggio distopico compare un docente di Demografia e Statistica alla Università Cattolica di Milano, il prof. Alessandro Rosina (autore di un recente saggio per Carocci, Storia demografica d’Italia), che dice: «Il dato più grave è che lo avevamo già previsto nel 2023, 27 anni fa. Solo che poi non abbiamo fatto niente di concreto per evitare che questo accadesse».
Con questo “corto” di circa 7 minuti, realizzato dal regista di spot pubblicitari Beppe Tufarolo, con la direzione dell’agenzia creativa Dude, la Plasmon vuole sensibilizzare l’opinione pubblica con questa “doccia gelata” (si può vedere qui il video https://youtu.be/UZntmC9lios) per sensibilizzare sul tema della denatalità e lancia una piattaforma per supportare la genitorialità, con un sito dedicato al quel bimbo che si immagina nato nel 2050: https://adamo.plasmon.it/.
L’iniziativa è stata presentata giovedì 16 febbraio 2023 a Milano, presso la sala Anteo Palazzo del Cinema , davanti a una platea di esperti, docenti, giornalisti, opinion leader. Ha aperto i lavori, in collegamento da Roma, la ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità Eugenia Maria Roccella (nella foto), che ha ricordato come il governo abbia già varato misure stabili per aiutare le coppie che vogliono avere figli, stanziando nella finanziaria fondi per un miliardo e mezzo di euro. «Non vogliamo convincere le donne a fare figli, ma costruire un welfare di prossimità che accompagni la maternità». Alessia Cappello, assessora allo Sviluppo Economico e alle Politiche del lavoro del Comune di Milano, ha ricordato che con la certificazione di genere per le aziende e con un patto per il lavoro si possano incentivare le buone pratiche che favoriscono la possibilità per le donne e per gli uomini di diventare genitori.
E i dati illustrati dal professor Daniele Marini, sociologo dell’Università di Padova, sulla base di una ricerca condotta da Community Research & Analysis su un campione di italiani, hanno dimostrato che gli intervistati si sentono oggi in una momento altamente “incerto” (53,7 % del totale), tale da incutere “timore” per il futuro (37,3%). «Oggi la percezione domina spesso la realtà – ha spiegato il prof. Marini – e quindi anche l’immaginario conta. Le coppie voglio avere dei bambini, ma poi non si fanno, per ragioni che attengono alla sfera economica, e anche alla sfera personale». La ricerca infatti si intitola, con un ossimoro, “Figli: una ricchezza onerosa”.
Che fare per invertire la rotta? Gigi De Palo, presidente della Fondazione per la Natalità, che ogni anni organizza un convegno di studi sull’argomento (sarà il 12 maggio a Roma) ha chiesto a tutti di fare squadra, con l’obiettivo di varare una legge apposita a sostegno dei genitori. Anche la Plasmon, marchio storico del baby food che da 120 anni aiuta gli italiani a crescere (il titolo del nostro libro edito da Gribaudo) ha deciso di scendere in campo, come ha detto durante la presentazione l’ad di Plasmon Kraft Heinz, il greco Kostantino Delialis (nella foto sotto): «Per aiutare il Paese a invertire il trend della denatalità è fondamentale unire tutte le forze e fare in modo che aziende e istituzioni lavorino insieme».
Lo studio della storia demografica italiani, che abbiamo affrontato (da divulgatori, non da studiosi) nel nostro libro Plasmon. La ricetta segreta che dal 1902 aiuta l’Italia a crescere (Gribaudo, 216 pagine, 19,90 €) uscito in libreria alla fine del 2022, insegna però che non è possibile cambiare idea agli italiani sulla natalità puntando semplicemente sul “dovere di fare figli” ispirato dallo Stato, come si propose Mussolini durante il ventennio fascista. Il regime intervenne con una tassa sul celibato, con incentivi fiscali e premi alle famiglie numerose, invitando le aziende a creare le “stanze per allattare” e costituendo l’Onmi (Opera Nazionale Maternità e Infanzia). Ma se si analizzano i tassi di natalità in Italia (il rapporto tra il numero di nascite in un anno e 1000 abitanti), si evince che nel 1921 (l’anno prima della presa del potere da parte del duce, nella tabella dal libro) era pari a 30,5, ma diminuì a 24,7 nel 1931 per scendere ancora a 20,7 nel 1941, all’inizio della Seconda Guerra Mondiale. Nel dopoguerra, negli anni del baby boom, tra il 1951 e il 1961, si stabilizzò a 18,2 senza scendere ancora, con circa un milione di nati l’anno (oggi sono meno di 400 mila).
Non si può dire che negli Anni Cinquanta le condizioni di vita delle famiglie fossero migliori di oggi, anzi, il Paese era semidistrutto, il boom economico non era ancora arrivato, eppure si facevano figli (io sono un boomer, nato in quel periodo) perché c’era un’aspettativa di futuro. Che oggi pare non sia nelle corde dei giovani, per le condizioni precarie del lavoro. Eppure in Francia e nei Paesi nordici questo fenomeno è stato fermato con incentivi, servizi, aiuti alle famiglie. In Italia non lo si è fatto. Ed è emerso (notizie sempre dal nostro libro) che gli italiani spendono 2,4 miliardi di euro l’anno per sfamare gli animali domestici, cinque volte di più che per il baby food.
I cani e gatti non danno troppi problemi e allietano la vita, mentre i bambini invece sono percepiti come una scocciatura che condiziona il lavoro, soprattutto della madre, e un costo eccessivo (vedi il film Figli (con Mastandrea e Cortellesi) o al massimo un sogno irrealizzabile.
La “promessa di Adamo” lanciata da Plasmon cerca di supplire alle tante sfaccettature del problema, che ha aspetti organizzativi ed economici, lavorativi, educativi. Tra l’altro il cortometraggio forse dimentica che ormai un quarto o un quinto delle nascite oggi in Italia proviene da coppie di cittadini immigrati, stranieri che non godono né dello ius soli né dello ius scholae e fino a 18 anni non possono chiedere la cittadinanza. Forse Adamo potrebbe avere una compagna, in quella “Storia vera dal futuro”: una bimba di origini marocchine o albanesi o romene o cinesi per giocare insieme. E invece di vedere gli immigrati come un problema, forse la politica e la società li potrebbe vedere come un’opportunità: sia per salvare le pensioni (come in parte stanno già facendo) sia per riempire le culle.