Di Clara Vada Padovani

Giunti 2010


Nuova edizione 2010

Arriva in libreria una nuova edizione del best-seller “Passione Nutella” firmato da Clara Vada Padovani, autrice con il marito di molti libri di successo: è arricchita da ricette di chef italiani e americani, oltre a un saggio introduttivo sulla storia della crema da spalmare più famosa del mondo.

Scrive l’autrice, ex insegnante di matematica, nella sua introduzione intitolata Dolci equazioni: «Nutella è un emblema della creatività italiana, una crema da spalmare nata dalla nostra tradizione cioccolatiera, un prodotto industriale assurto a mito. Alla già eccezionale squadra della prima edizione, oggi si aggiungono alcune donne chef, giovani cuochi italiani e i protagonisti dei ristoranti più cool di New York». Nell’elenco di ristoratori “stellati” e premiati pasticceri che già avevano simpaticamente voluto dedicare un omaggio gastronomico a questo prodotto così popolare per tante generazioni – dagli chef Massimo Bottura dell’Osteria La Francescana di Modena a Gennaro Esposito della Torre del Saracino di di Vico Equense, da Davide e Barbara Scabin del Combal.Zero di Rivoli a Niko Romito del Reale di Rivisondoli, dal gelatiere Guido Martinetti di Grom ai maestri dell’arte bianca Iginio Massari e Salvatore De Riso, per citare i più noti – si aggiungono altri importanti nomi dell’alta cucina.

Molte le nuove golosità – dolci o salate – al femminile: la famosa ristoratrice italo-americana Lidia Bastianich, star televisiva negli Usa e al vertice di una catena di locali d’alta qualità negli Stati Uniti, che con Fortunato Nicotra del suo Felidia di New York presenta un tenerone di manzo accompagnato da una sorprendente polenta alla Nutella; Fabrizia Meroi del Laite di Sappada (Bl) con un millefoglie di foie gras; Nadia Moroni con il marito del grande ristorante milanese Aimo e Nadia, con un tenero cremino; Antonella Ricci del Fornello da Ricci di Ceglie Messapica (Br) con fiori di zucchina farciti;  Valeria Piccini del Caino di Montemerano (Gr) con un dessert alla liquirizia; Luisa Valazza del Sorriso di Soriso (No, tre stelle Michelin) con un bon bon di fegato d’oca. A queste nuove ricette si aggiungono quelle di Giancarlo Perbellini (Isola Rizza, Ve), Antonino Cannavacciuolo (Villa Crespi, Orta San Giulio, No) e Ilario Vinciguerra  (Galliate Lombardo, Va).

Le novità maggiori arrivano dall’altra sponda dell’oceano. Nutella da tempo è sbarcata negli States, ma ora il nuovo stabilimento nel Canada e una più aggressiva campagna pubblicitaria nazionale hanno fatto conoscere il prodotto nato ad Alba a tutti gli americani. Sei chef newyorchesi hanno accettato di collaborare al libro, che contemporaneamente uscirà anche in inglese. Oltre a Lidia Bastianich e Fortunato Nicotra, sono: Jimmy Bradley di “Red Cat” e “The Harrison”, due famosi locali trendy di downtown Manhattan; il “true tuscan” Cesare Casella, da anni noto ambasciatore della cucina italiana nella Grande Mela; il famoso Tony May, con lo chef executive del nuovo Sd26 Matteo Bergamini; il giovane Vito Polosa di “Aroma Kitchen”; il “guru” della nuova cucina americana, Jonathan Waxman, del bistro-ristorante Barbuto. Salgono così a quaranta i prestigiosi nomi della gastronomia italiana e americana che concorrono a creare un grande ricettario di cucina e pasticceria, al quale si affiancano le ricette di casa elaborate dall’autrice.

Con una veste grafica più agile e un formato “easy”, il libro raccoglie anche molte immagini inedite delle campagne pubblicitarie Nutella degli ultimi quarant’anni, con un saggio di Gigi Padovani, marito dell’autrice, che ne ripercorre la storia dalla nascita nel 1964 ai giorni nostri, con incursioni nell’arte, nella letteratura, nelle pagine web che hanno contribuito a crearne il mito. A questo si aggiunge un divertente “dizionario” di curiosità, dal G8 dell’Aquila alle top model che amano la crema al cacao e nocciole. Apre il volume una prestigiosa firma, molto nota al pubblico americano per i suoi libri e gli articoli sulla rivista “New Yorker”, Andrea Lee, che nella prefazione scrive: “Alzate i vostri coltelli e i vostri cucchiai per celebrare, o voi scolaretti,  voi massaie, voi chef e golosi in genere! Il vostro piacere e il mio, è ora spalmabile in tutto il mondo”.  

Incipit del libro

Belle de jour
La prefazione di Andrea Lee*

Di certo non aspiravo, almeno in modo consapevole, a essere considerata una sorta di
esperta internazionale del mito della Nutella. Tuttavia, più di dieci anni fa, mi è successo
di aver scritto, per divertimento, un breve articolo spiritoso per il “New Yorker” che fece
conoscere al pubblico americano, sempre affamato di novità sul cibo, l’esistenza di
questa leggenda del cioccolato all’italiana. Il mio punto di vista era privilegiato: quello
di una scrittrice americana che vive in Europa. Scrissi della curiosa passione per quel
cremoso impasto di cacao e nocciola che in Italia unisce giovani e vecchi, le avanguardie
intellettuali delle grandi città e i provinciali dei villaggi più sperduti e tradizionali, i
politicanti di destra e di sinistra, tutti accomunati nell’orgasmo di questa galassia del
benessere. Ironicamente, avevo voluto interpretare la Nutella analizzandola sotto una
prospettiva politica, filosofica, sessuale: cioè tutti gli istinti primari. Avevo accennato ai
trend globali, senza svelare il mio rapporto personale con la Nutella, che era iniziato
molti anni prima a Roma, in cucina, in un caldo pomeriggio d’estate.
Vi dovete immaginare una giovane donna americana, appena approdata dagli Stati
Uniti nella “città eterna”. Roma è un po’ la capitale di quel tipo di cibo che
eufemisticamente si potrebbe definire l’oggetto del desiderio. A Roma questa giovane
è subito conquistata da delizie come i carciofi alla Giudea e gli spaghetti alla
carbonara; ma allo stesso tempo le mancano quei cibi frivoli e prettamente americani,
come i Nacho chips o i Brownies. È un pomeriggio importante, decisivo. Lei è in piedi.
Fissa un piccolo barattolo aperto, l’etichetta è rossa e bianca. I suoi pensieri corrono:
«Com’è strano spalmare la cioccolata sul pane… alla televisione dicono che è un
prodotto sano… i bambini la adorano… probabilmente è piena di zucchero… non
assomiglia affatto al burro d’arachidi… già, cosa sono esattamente le nocciole? E poi
il nome, così strano e retrò. Nutella… come Cinderella (Cenerentola)… Noo-tell-a. O
qualcosa di simile a quel libro di Nabokov. Ma sì, Lo-li-ta… Nu-tell-a». Immersa in
questi pensieri, tuffa l’indice destro nel barattolo e si porta alla bocca il gusto di
crema al cioccolato. Bastò quello. Fu come l’istante in cui Pandora aprì il vaso, o in cui
Eva dette un morso a un frutto sconosciuto: iniziò la passione di una vita. Il sapore
che proviene da quella misteriosa e densa consistenza, non-proprio-priva di zucchero
e cacao, le suona strana e straniera, una delle tante nuove esperienze di gusto
dell’Italia. Eppure c’è qualcosa di indiscutibilmente familiare, che la ammalia, come
se la conoscesse da sempre. Più tardi, quella stessa notte, si alzerà dal letto e
mangerà di nuovo la Nutella. Questa volta con un cucchiaio.
Caro lettore, quella giovane donna ero io; e attraverso tutte le vicissitudini e le
peripezie della vita di una scrittrice lontana dalla sua patria – matrimonio, libri,
nascita di figli, altri libri, viaggi, divorzio, nuove nozze – la Nutella è sempre stata, in
qualche maniera, presente. Il personaggio di T.S. Eliot, Prufrock, povero disgraziato,
dice di aver misurato e scandito la sua vita a cucchiaiate di caffè. Io confesso che la
mia vita all’estero può essere misurata e pesata in barattoli di Nutella.
I miei figli, nati in Italia e bilingui, sono cresciuti mangiando toast con la Nutella, al
ritorno da scuola. Ancor oggi ricordiamo, tra gli aneddoti di famiglia, quell’episodio
tragico, quando mia figlia fece cadere un barattolo di 2 chili di Nutella per terra.
E abbiamo nelle orecchie il rumore della rottura: “KLOOMP”. Mio marito, italiano,
inventò un nuovo verbo: Nutellare. Andare verso la Nutella. Quando viaggiavamo in
ferie, in giro per il mondo ci portavamo dietro la Nutella, specialmente in America.
Ma, quasi che l’articolo scritto per “New Yorker” fosse stato profetico, via via che
passavano gli anni e avanzava il secondo Millennio, cominciavamo a trovare la Nutella
nei luoghi più lontani: Hong Kong, Kenya, Madagascar. Mio figlio, quindicenne, mi
manda a dire che quest’anno al suo collegio di Boston le ragazze, ragazze americane,
portano barattoli di Nutella dalle loro stanze per fare colazione. La globalizzazione è
una realtà. Questo cosa significa per la Nutella? Significa che nel mondo si sentiva il
bisogno di un conforto che non venisse solamente da una lattina fredda e frizzante o
da un panino con l’hamburger nato sotto gli “archi dorati”. Significa che l’Italia, i cui
instancabili esploratori hanno modellato la storia del mondo in costante espansione,
ha fatto un altro passo avanti nel Tango delle influenze culturali che si spostano a
ritmo frenetico ma sensuale da una sponda all’altra dell’Atlantico. In sintesi, si può
dire che l’America fece scoprire il culto del cioccolato all’Europa e ora l’Europa le
ricambia il favore. Con l’aggiunta delle nocciole.
Oggi la fabbrica Ferrero in Canada funziona a pieno ritmo. Perciò a questo punto è già
pronto il palcoscenico per l’ultimo atto dello spettacolo-Nutella: la conquista del Nord
America. Nonostante la nostra era tema la globalizzazione e il gigantismo, il suo
successo appare scontato. Gli Americani, come gli Italiani, saranno sedotti, ammaliati,
non solo dall’avviluppante, cioccolatoso sapore della Nutella, ma anche dal contrasto
originale della sua immagine: infantile e innocente quanto affascinante e ossessionante.
Una delle prime cose di cui ci si accorge, quando si è alla ricerca delle origini del mito
della Nutella, è l’allettante contrasto tra la pubblicità fresca e diretta alle famiglie, e il
segreto noto a tutti che qualcosa di così indescrivibilmente delizioso è ovviamente,
peccaminoso. Perché la Nutella è la “Belle de Jour” dei cibi europei per la famiglia.
L’attrazione “double face” della Nutella deriva dal fatto che pur essendo assolutamente,
tradizionalmente italiana – i gianduiotti hanno una lunga storia in Piemonte – allo
stesso tempo è chiaramente un prodotto industriale, nato nella cultura prettamente
americana del dopoguerra. Il nome stesso, Nutella, per esempio, è un gioco di parole
inglesi. Rimanda all’utilizzo, nel corso del XX secolo, da parte degli Americani, di nomi
commerciali inventati con lo scopo di colpire e rimanere nella quotidianità collettiva:
sembra di un prodotto già americano. La sua irresistibile caratteristica di un burro alla
nocciola, cioccolatoso e avviluppante, da spalmare sul pane, la rende adatta a far parte
degli “snackfoods” americani; quasi ci si chiede perché non esistesse già nel mondo
Usa fatto di burro di arachidi e gelatina, merendine ripiene e fritte, e l’incredibile
marshmallow, gommoso e spumoso al tempo stesso. In fondo, lo sbarco della Nutella
negli Stati Uniti è quasi un ritorno spirituale a casa.
Ma parliamo della mia personale relazione con la Nutella. Negli anni si è evoluta. È
come l’intesa che un “gentleman” del XIX secolo poteva avere con un’amante di
lunga data. A volte facciamo colazione insieme. In altri momenti stabiliamo un
rapporto di intimità in strani orari della giornata. Talvolta non ci incontriamo per
settimane. Ogni tanto, esasperata dalla troppa ingordigia, la metto al bando. Ma
altre volte, la vecchia passione si accende e mi ritrovo, dopo la mezzanotte, in
cucina con un barattolo aperto e un cucchiaio in mano. Nu-tell-a. È davvero un
miscuglio come Lolita, a metà tra la gioia fanciullesca e la tentazione adulta. Come
il classico di Nabokov, celebra le influenze europee e americane di tutti gli strati
sociali. Pertanto, alzate i vostri coltelli e i vostri cucchiai per celebrare, o voi
scolaretti, voi massaie, voi chef e golosi in genere! Il vostro piacere, e il mio, è ora
spalmabile in tutto il mondo.

* Andrea Lee. Laureata ad Harvard, è una nota scrittrice americana e vive da alcuni anni a Torino. In Italia ha pubblicato il libro di racconti Donne interessanti (2004). Negli Stati Uniti collabora alla rivista letteraria New Yorker e tra i suoi libri più recenti c’è Lost Hearts in Italy: A Novel (2006).

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